𝘧𝘰𝘯𝘵𝘦: 𝘓𝘢 𝘔𝘦𝘵𝘢 𝘚𝘰𝘤𝘪𝘢𝘭𝘦 𝘥𝘦𝘭 14/05/2025
La contrattazione collettiva copre la quasi totalità della platea dei dipendenti.
Anche l’ultima tornata di audizioni conferma il fatto che la stragrande maggioranza delle parti sociali è per l’introduzione di misure per il rafforzamento della contrattazione collettiva per accrescere gli stipendi nel nostro Paese.
Nei fatti, soltanto poche sigle sindacali, in pratica soltanto la Cgil, la Uil e la Usb sono per l’introduzione di un salario minimo orario di legge; le prime due sigle, peraltro, nella passata legislatura si erano espresse per il No, facendo così fronte unico con la Cisl e la Ugl che hanno mantenuto il punto anche in questa occasione. La discussione parlamentare è, al momento, ferma al Senato, dove al disegno di legge già approvato alla Camera, se ne sono aggiunti altri due.
A livello politico, come noto, il centrodestra sostiene la centralità della contrattazione collettiva, mentre il centrosinistra è per una legge. Rispetto però alla formulazione originaria, i partiti di minoranza hanno modificato l’impostazione, fissando un tetto minimo a nove euro lordi all’ora, ma agganciando tale valore alla contrattazione collettiva che non può scendere al di sotto di questa soglia.
I numeri del Cnel, però, evidenziano chiaramente l’ampia copertura garantita dalla contrattazione collettiva, superiore al 90% del totale dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti del settore privato, con la paga oraria al di sopra dei nove euro nella stragrande maggioranza dei casi.